PROLOGO: Pianeta Anah[i],
chissà dove…
Una goccia, una minuscola
goccia, accuratamente calibrata, piovve dal beccuccio
dritta al centro del disco del
mezzo di coltura. A quella scala, occorsero pochi secondi perché la coltura
aggredisse il liquido, consumandolo come se fosse atterrato su una piastra arroventata.
Il ‘brodo’ assunse poi una vaga colorazione più intensa
del suo verde naturale, prima di tornare a riposo, senza avere minimamente accresciuto
le proprie dimensioni.
Ancora qualche secondo a scala
molecolare, e il liquido rinsecchì e si trasformò in un mucchietto di spore
tenute insieme da un sottilissimo strato di collagene.
A occhio nudo, quel processo
era stato pressoché istantaneo.
“Porca miseria,” fu il ben
poco scientifico commento dell’osservatore, Harold
Ventura, ovvero il Vendicatore Flatman.
MARVELIT presenta
I VENDICATORI DEI GRANDI LAGHI
Episodio 17 - Scatole Cinesi
Flatman staccò gli occhi dal
microscopio elettronico. “Mai visto una coltura di batteri della digestione
agire così in fretta. Niente di strano che dobbiate mangiare in continuazione:
l’unico modo per sopravvivere è sovraccaricare le capacità di questi mostriciattoli
di fagocitare il cibo più in fretta di quanto lo facciano loro.”
“Già,” commentò laconica la
figura scheletrica seduta sul trono che rispondeva al nome di Re Mangro. Una flebo di sostanze
ipernutritive ad altissima concentrazione entrava nel suo stomaco attraverso un
catetere, partendo da un serbatoio posto dietro lo schienale. “Persino
masticare il cibo è un lusso: i batteri mutati sono presenti in ogni tessuto
del nostro corpo. Non facciamo quasi in tempo ad inghiottire le briciole fra i
denti, che quelli le dissolvono. Sapete a quanti chili di cibo corrispondono, in un anno?” Domanda tutt’altro che
retorica, vista la quantità di cibo che lui da solo aveva consumato a colpi di
mascelle durante la sua visita sulla Terra.
Lo sguardo del sovrano del
pianeta esaminò criticamente i Vendicatori davanti a lui. Oltre a Flatman,
l’uomo elastico, erano presenti:
Ø
Craig Hollis, Mister Immortal, capo del gruppo, eccellente atleta e capace di
risorgere ad ogni morte.
Ø
Hollis deMeer, Doorman, il portale vivente.
Ø
Dinah-Soar,
la rettiliana volatrice.
Ø
Ashley Crawford, Big Bertha, capace di modificare a piacimento la propria massa.
Ø
Moonfang, il
licantropo.
Ø
Stuart Cadwell, Thundersword, il dorato guerriero.
“Allora, pensate che
riuscirete a trovare una soluzione?” cercava di darsi un tono degno di un
individuo della sua posizione, ma era difficile sentirsi sottomessi ad una
persona che la potevi mettere sotto con un dito. Erano tutti così gracili, su
quel pianeta, da fare pena. Il solo pericolo che potessero rappresentare per la
Terra era che su di loro gli anoressici di tutto il mondo avrebbero eretto
delle gran chiese.
Flatman annuì. “Capisco perché
abbiate bisogno di Ashley per capire come invertire il processo: una volta
replicata la formula biochimica che le ha dato i poteri, anche voi potrete assorbire
massa dall’ambiente circostante senza doverla mangiare. E non essendo materia a
base di DNA, i batteri onnifagi non potranno consumarla…fermo restando un problema,
purtroppo.”
Il Re sollevò gli occhi
sporgenti dalle orbite magrissime. “Lo immaginavo. Con voi terrestri ce n’è
sempre una…”
“Veramente,” tossicchiò
l’eroe-scienziato, “il problema siete voi.
Aggiungere massa pura ai vostri corpi non servirà a molto se gli organi interni
vengono ugualmente consumati dai batteri. Diventereste solo dei gusci in
perfetta forma esteriore…e molto morti.”
“Ah. Non ci avevo pensato.”
“Già,” fece Bertha, che quando
non era in azione preferiva mantenere la sua forma di supermodella. “Sua
Altezza era troppo impegnata a pensare al prossimo King Burger per fare caso a
questi dettagli.”
Mangro si sporse in avanti.
“Scusami tanto per volere arrivare alla fine della giornata. D’accordo,”
proseguì, tornando a rivolgersi ad Harold. “Visto che la mia idea è da
scartare, cosa raccomandi, terrestre?”
Harold lanciò un’occhiata a
Jeeves, il fedele maggiordomo-robot del sovrano. “Trasferite le vostre
coscienze in corpi robotici…” ma il Re lo interruppe con un gesto secco. “Bravo
te. E ce le dai tu le istruzioni sul
come si fa?” poi guardò verso il quarto muro. “Certi autori la fanno troppo
facile.”
“Niente transfert, d’accordo.
Hmm. Clonazione? Si potrebbe prima isolare il tessuto sano dai batteri, e poi
coltivarlo in un ambiente sterile, e…”
“E appena escono all’aperto,
vengono contaminati e si ricomincia. I batteri sono ovunque, e che razza di
vita sarebbe chiusi per sempre in bolle sterili? Altre domande?”
Jeeves fece un suono come di
gong da pugilato (ding) e tirò fuori
due cartelli, uno con il 5 e l’altro con un 0.
Flatman si toccò ripetutamente
gli indici con aria imbarazzata. “Um…chiedere aiuto a qualche altra civiltà
extraterrestre?”
“Tutte le civiltà capaci di
aiutarci nel raggio di 200 anni-luce sono impegnate a scommettere su quanto ci
metteremo ad estinguerci. Ci sono così tanti quotati contro di noi, che se vincono
quelli che hanno scommesso in nostro favore, diventano abbastanza ricchi da
rovesciare gli equilibri politici di metà galassia. Altre domande?” Ding ding!
“..:” Flatman estese un pugno
all’indirizzo del maggiordomo. Dong.
E gli venne l’ispirazione! “Trovato! Costruite una stazione spaziale,
assolutamente sterile da cima a fondo, e conducete gli esperimenti di
clonazione da lì. Nel frattempo, predisponete una flotta spaziale per i vostri
cloni, e almeno loro potranno trasmigrare su un mondo più favorevole.”
“Lo faremmo volentieri, se ne
avessimo il tempo. Già dobbiamo usare le nostre poche forze per nutrirci, e
l’ultimo di noi sarà morto prima di arrivare a metà lavoro.”
Jeeves fece un gestaccio molto
poco blasé all’indirizzo di Harold.
Mangro sembrò accasciarsi
ancora di più sul suo trono. “Francamente, non capisco come voi terrestri siate
riusciti a dare del filo da torcere a diverse potenze interstellari, vista la
vostra scarsa creatività.” Sospirò. “Ma non importa. A questo punto, tanto vale
che ve ne andiate. Mi piacerebbe minacciarvi di una qualunque ritorsione, ma i
pochi soldati ancora in piedi diserterebbero piuttosto che colpire uno dei
vostri fast-food.” Fece un cenno distratto. “Sparite, su.”
“No,” fece Flatman. Subito
Immortal gli fu accanto con un’espressione da chioccia ansiosa. “Ma come, non
lo hai sentito, Haroldino? Il buon re non si vuole angosciare, apprezza il nostro
contributo e tutti felici e contenti, eccetera eccetera. Perché restare ancora
a disturbarlo?”
“Ho detto no,” ripeté il
Vendicatore elastico. E decisamente non stava scherzando. Fissò il suo capo in
cagnesco. “Per una volta tanto, c’è della gente che ha veramente bisogno del nostro aiuto, e in fretta. E in nome di
Einstein, non intendo negarglielo.
Vostra Maestà, avete una stima di quanto tempo ancora potrete resistere nelle
presenti condizioni?”
“A patto di non sforzarci a
sprecare troppe preziosissime calorie, direi fino alla morte per vecchiaia. Le
malattie non sono un problema: insieme al nutriente liquido, ci sono abbastanza
farmaci da tenere a bada tutti gli agenti virali noti.”
“Bene.
Ci conceda di restare qui, e vedrà che saprò pensare a qualcosa.”
La porta fu chiusa con forza.
Rimasti soli, gli eroi lanciarono tutti un’occhiata poco gentile a Flatman.
“Dammi una ragione, una sola
per cui non dovrei farti a striscioline per la prossima parata del 4 Luglio,”
fece Moonfang. “Ti rendi conto che quel re scheletro ci ha dovuto sbattere in
isolamento perché sennò ci avrebbero messo nel prossimo menù?!” In effetti, per
tutta la durata del colloquio, i soldati ed i pochi cortigiani presenti non
avevano smesso di lanciare discrete occhiate a quei begli esemplari di carne
fresca, incluso lo stesso Doorman. Thundersword si era sentito tanto come una
lattina di Montana.
Flatman andò alla finestra.
Senza degnare di uno sguardo il licantropo, per il quale tendeva normalmente a
provare un certo timor di dio, disse, “Qualcuno di voi ha un’idea di cosa significa
crescere all’ombra di un genio? Vi ho già detto che quando ero giovane decisi
di seguire le orme di Reed Richards, giusto? Quello che non vi ho detto è che è
stato il mio più grande sbaglio.
“Sono cresciuto in una
famiglia tipicamente media, senza particolari aspirazioni se non quella di
concedersi i mezzi per la proverbiale ‘vita dignitosa’. Non posso dire che non
si siano prodigati per farmi andare avanti negli studi, ma per migliorare come
volevo, avrei dovuto frequentare istituti un po’ più in alto della scuola
pubblica. E anche se i professori mi adoravano, i CdA dei college amavano di
più una famiglia capace di pagare la retta. E così, dovevo accontentarmi della
tipica frase di consolazione, ‘Vedrai che ce la farai lo stesso, sei così in
gamba.’ Giuro, se il Dottor Destino mi avesse offerto un contratto di lavoro a
un dispositivo di distruzione del mondo, avrei accettato ad occhi chiusi.
“Ma non fui mai così
fortunato. Anche dopo la laurea, praticamente a due anni dall’iscrizione,
dovetti farmi largo, unico docente onesto in mezzo ad un branco di ipocriti
leccapiedi, sembrava che le mie prospettive di fare carriera fossero alquanto
scadenti. Cercavo di scambiare corrispondenza con Richards, ma l’unica volta
che ricevetti una lettera di risposta, fu perché il postino aveva letto male
l’indirizzo del destinatario.
“Fu a quel punto, che mi
decisi a cercare aiuto altrove, cioè presso quella civiltà nascosta nelle
montagne del Tibet. Fu lì, che oltre ai miei poteri ebbi anche modo di
espandere le mie conoscenze… E da allora, il mio solo desiderio è di poterle
mettere in pratica. E questa è l’occasione della mia vita, gente; ma se voi
preferite tornarvene fra le braccia di Pierce invece che di essere veri Vendicatori,” Flatman fece
spallucce. “Ne avete pienamente diritto.”
Questa volta, tutti avevano lo
sguardo rivolto verso terra, e tutti spazzarono discretamente il pavimento con
un piede.
“OK, sottiletta,” fece
Doorman. “Bel discorso e tutto il resto… Ma almeno hai un’idea di cosa fare?
Insomma, eri un po’ tentennante davanti al Re.”
“Ah, lascia stare. Quelle
erano le soluzioni veramente disperate. È un po’ un gioco mentale, per me:
elenco prima quelle veramente difficili…che se poi funzionano, tanto meglio.”
*Collasso generale*
“Viva la sincerità,” disse
Immortal riprendendosi. “Vuol dire che sei vicino a una soluzione?”
“Veramente, quella ce l’ho
sempre avuta sotto gli occhi.” Indicò la finestra a sbarre con il pollice.
Gli altri Vendicatori andarono
a vedere nella direzione indicata, ammassandosi pericolosamente. In cima al
mucchio, Moonfang, un pezzetto di lingua fuori dal muso, bofonchiò, “Non si
vedono che prati e foreste e insetti. E allora?”
Flatman annuì. “Appunto: la
controprova che i batteri onnifagi non lo sono. Sono stati concepiti solo per
impedire alla gente di questo posto di mangiare, altrimenti qui ci sarebbe il deserto.”
“Ma come è possibile?” fece
Doorman, che pure a scuola ci era andato. “Hai fatto i test. Abbiamo visto
quella roba consumare ogni possibile sostanza nutritiva semplicemente stando su
dei vetrini…”
“Appunto. Perciò, cosa ci dice
la logica, secondo il buon vecchio Rasoio di Occam?”
“È una marca che non conosco,”
fece Immortal.
Una vena pulsò pericolosamente
in fronte a Flatman, che discretamente tossicchiò e disse, “Per farla breve, la
soluzione meno complessa è che si tratta di magia.
Una sporca, maledetta, antiscientifica magia…”
Moonfang si schiarì la gola.
“OK, senza offesa per i
presenti. Ad ogni modo, dicevo, l’unica causa di un microrganismo del genere
non può essere che una magia molto ben mirata. Si tratta solo di capire come
esorcizzarla.”
Moonfang si fece avanti. “Ci
sono due modi, essenzialmente.”
“Prego?”
Il licantropo li enumerò sulla
punta degli artigli. “Se l’origine del cambiamento deriva da una stregoneria,
bisogna intervenire direttamente sugli effetti, quando essi non decadano spontaneamente
col tempo o con la morte della vittima o vittime che quantificar si voglia. Una
stregoneria può essere potentissima, ma è come sparare un colpo di pistola.
“Se invece parliamo di un
effetto permanente, come una benedizione o una maledizione, le cose si
complicano: non serve intervenire sugli effetti, ma bisogna trovare la causa e
rimuovere quella. Il vantaggio, in questo caso, è dato dal fatto che la fonte è
sempre attiva e quindi rintracciabile.”
“Complimenti,” fece Flatman.
‘Fang si indicò il petto con
il pollice. “Ehi, se di maledizioni non se ne intende la mia gente!”
“Può essere stata una stregoneria
a fare questo casino?” chiese Immortal.
Lycus scosse la testa. “Se non
mi sbaglio, i nostri ‘amici’ sono una
civiltà spaziale, giusto?” fece a Flatman.
Quello annuì. “Hai ragione.
Devono avere per forza già tentato di coltivare del tessuto sano al di fuori
dell’atmosfera.”
“Yap. E scommetto che ci hanno
provato il più lontano possibile da questo pianeta letteralmente maledetto.
Credetemi, se fosse stata una stregoneria, avrebbe dovuto lanciarla un Grande
Antico in persona.” Il suo sguardo si posò su Thundersword.
“E io che c’entro?” fece il
dorato cavaliere.
“C’entri, perché anche se il
tuo potere non è di natura magica, ti può permettere di trovare la fonte.”
“E come? Mi hai preso per
Silver Surfer?”
“No, ma io conosco qualche rudimento di magia. Sai, è un hobby che si
pratica quando vivi per più di cinquecento anni. Procuratemi gli ingredienti, e
vi faccio vedere…”
Dinah si avvicinò a Lycus e
con una delle sue lunghe dita lo picchiettò sulla spalla. Lui voltò la testa.
“Sì?”
Lei
aprì la bocca per parlare, e non un suono udibile alle orecchie umane giunse a
quelle lupine. E solo Immortal, che aveva passato molto tempo con la volatrice,
capì che la sfumatura di preoccupazione nel volto di lei doveva essere ben
fondata…
Poi,
tutti e due si voltarono a guardare Doorman.
“Magia?” se quel magro teschio
avesse potuto fare una smorfia di disgusto, ne sarebbe risultato qualcosa di
interessante. “Quindi, la colpa di tutto questo è di quel branco di fondamentalisti…”
“Un attimo,” disse Ashley.
“Vuol dire che lei sapeva già chi era
responsabile?”
“Oh, no. Quelli che si sono
vantati di averci rovinato in questo modo erano scienziati…dissidenti, anche se
seguaci di quel culto di ‘naturalisti’. Si sono assunti orgogliosamente ogni
responsabilità, prima di finire davanti al plotone di esecuzione. Ma non
avremmo immaginato che c’entrasse la magia; abbiamo abbandonato da secoli
quella…roba. Al massimo, in forma privata, sono sopravvissuti dei circoli
esoterici, culti di nostalgici e roba simile. Comunque, complimenti, terrestri.
A questo punto, di qualunque cosa abbiate bisogno, non avete che da chiederlo.”
Senza esitare, Moonfang indicò
Mangro. “È di lei che abbiamo bisogno, maestà.”
“Prego?”
Flatman fece un passo avanti.
“Siamo giunti alla conclusione che l’incantesimo sia stato lanciato pensando
particolarmente a lei, sire. Se questa gente, secondo la sua descrizione, ce
l’ha con il vostro stile di vita, troviamo sospetto che abbia aspettato secoli
prima di darsi da fare, quando potevano intervenire in modo anche meno drastico
durante il periodo di transizione sociale. Crediamo che le ragioni dietro
all’incantesimo siano…”
“Una scusa,” terminò il
re-scheletro per lui. “Dei vili nemici di stato.” La pressione gli si alzò
pericolosamente, e così il consumo calorico. Ebbe subito un mancamento, e la
dose di nutriente gli fu aumentata con un giro di rubinetto. Mentre Jeeves lo
sventagliava un po’, Mangro disse, “Vi farò avere subito una lista dei nemici
capaci di arrivare a tanto. Jeeves, mettiti a disposizione dei terrestri. Da’
loro quello che vogliono. Io devo riposare un po’…”
“Ci basterà un goccio del suo
sangue,” disse Lycus. “Frammenti di unghie, un po’ di sputo, una ciocca di
capelli… Poca roba. Oltre a un po’ di creta, della vernice fosforescente bianca
ed un campione di coltura batterica.”
“Inoltre, tutti questi
componenti,” aggiunse Flatman, porgendo a Jeeves un foglietto fittamente
scritto.
Se
possibile, Mangro riuscì a strabuzzare gli occhi. “Volete fare una magia anche
voi? Per me, è una perdita di tempo in questo modo, ma se credete che vi sarà
utile…”
Dopo circa tre ore di intenso
lavoro, il risultato di quelle richieste fu condensato sotto forma di un bambolotto
molto ben scolpito nella zampa callosa di Moonfang. “Ecco. Con questo, li
troviamo in men che non si dica.
“Durante i miei anni in
Louisiana, ho imparato qualcosa sul Voodoo. È uno dei modi migliori per
stabilire un contatto diretto con il proprio obiettivo. Il segreto è molta
forza di volontà, insieme ad una buona provvista di p’rana, o mana come lo chiamate voi umani.”
“Ed è qui che intervengo io?”
fece Thundersword.
“Sì. Forse non lo hai ancora
capito, ma ti scorre abbastanza potere nelle vene da fare questo e ben altro.
Fai quello che ti dico, e useremo questa bambola per risalire alla fonte della
maledizione. Sfrutteremo al contrario il legame creato a maleficio di sua
maestà. Voi avete finito di dipingere quei simboli?”
Il licantropo e il cavaliere
sedevano a terra al centro di un cerchio composto di simboli runici, tutti
tracciati con la vernice luminescente. Ashley e Dinah stavano terminando con le
ultime rune. “Sei fortunato che sia andata a scuola di belle arti,” fece
l’eroina, “o te li facevi tu questi ghirigori. A che cosa servono, a
proposito?”
“Distrazione. Nessuna magia
terrestre che si basi sui simboli potrebbe funzionare qui, a meno che, in
passato, questa gente non abbia usato lo stesso nostro sistema runico. Se i
maghi nativi hanno fatto ricorso a spiriti maligni, cosa molto probabile,
almeno questa barriera li confonderà per il tempo necessario a dargli un sonoro
calcio dove fa male…e anche qui sarai molto importante, Cadwell. Rendo l’idea?”
Thundersword deglutì.
“Eccome.”
Lycus gli diede una pacca
consolatoria sulla spalla. “Su, su. Dopo i primi cinque o sei, ci si fa
l’abitudine!”
“Qui abbiamo finito,” disse
Ashley. Dinah sollevò il pollice.
“Pronti anche qui,” disse
Flatman, in piedi davanti a Doorman e tutti e due accanto agli eroi. In mano,
l’eroe elastico reggeva una sfera di cristallo al cui interno si trovava una
fitta ragnatela di circuiti. “Quello che non capisco è, cosa ci facciamo con
questo gingillo qui? Tu mi hai detto di costruire un apparecchio complesso, va
bene…ma questo non serve a niente…”
Lycus lo indicò. “Servirà
eccome. Se ho ragione, appena avrò trovato la fonte, il luogo in cui si trova
sarà saturo di magia, l’equivalente di un ambiente sterile. Quel gingillo lì,
tutto tecnologia, anche se oggettivamente un giocattolo, sarà come una bomba.
Magia e tecnologia non vanno d’accordo.”
“Altrimenti?”
“Altrimenti, cavoli acidissimi.
Vuol dire che sono tecno-magi, e bisognerà menare le mani di brutto per
arrivare al cuore del problema. E ora, basta domande. Pronti?” Ottenuto un
generale assenso, il licantropo porse il bambolotto di Mangro a Thundersword,
il quale lo strinse delicatamente. Moonfang prese le mani del cavaliere fra le
proprie, ed iniziò a cantilenare nell’antichissima lingua del Popolo. In quel
mondo poteva non esserci la benefica influenza di Gaea, ma la scintilla vitale
era la stessa ovunque in tutto l’Universo. Molti incantesimi elementari
richiedevano solo quella, per concentrare la propria forza di
volontà…sintonizzarsi sulle leylines…seguirne
i flussi e le diramazioni…
Più che di un errore, si
trattava di una conseguenza dell’uso di un incantesimo ‘globale’: doveva seguire il flusso delle linee di
forza del p’rana per agire in tutto il mondo…
Gli altri eroi, di quella
litania, capivano solo una ipnotica sequenza di brontolii, ringhi, versi
articolati gutturali senza alcun senso apparente…
All’improvviso, come lui aveva
detto che sarebbe successo, la luminescenza della barriera si intensificò di
diversi ordini di luminosità. Allo stesso tempo, il bambolotto di Mangro sembrò
fondersi nelle mani di Thundersword, il cui corpo si cosparse di una
luminescenza fiammeggiante… “Adesso!” ringhiò Moonfang.
Flatman schiacciò il pulsante
sulla sfera, e la lanciò dentro Doorman.
Il licantropo e il cavaliere
scattarono in piedi. “E ora tocca a noi. Chi ci ama ci segua!” E saltarono
dentro l’uomo-portale.
Uno dopo l’altro, i Vendicatori
dei Grandi Laghi emersero in una stanza assolutamente nuda, asettica,
illuminata solo da torce a muro.
E al centro di quella stanza,
si trovava una sfera di cristallo, al cui centro ribolliva un liquido dai molti
colori, al cui centro brillava una luce intensa e pulsante.
Moonfang si avvicinò alla
sfera, posta su un treppiede metallico su cui era incisa una ragnatela di
simboli. Un lato del treppiede era annerito come se vi avessero avvicinato una
fiamma. “Il giocattolo ha fatto il suo lavoro come speravo,” disse indicando i
simboli consunti. “Questi simboli erano la protezione anti-intrusi…”
“E quella roba sottovetro
cos’è?” fece Immortal fissando la sfera con diffidenza.
“Sangue del mondo.”
“Salute.”
“No, non è un’imprecazione: è
veramente ‘sangue del mondo’, un distillato dell’essenza del pianeta. Diamine,
ci vogliono dei maghi veramente tosti per un incantesimo del genere. Sulla
Terra, bisogna quasi essere uno stregone supremo.”
“Grazie per il complimento,”
disse una nuova voce.
La porta era aperta, e una
figura femminile si trovava sulla soglia. Indossava una elaborata tunica bianca
e oro. Non un capello in testa. In compenso, sembrava una mostra ambulante di
gioielleria, dalle gemme impiantate nella pelle della fronte, a quelli nei lobi
delle orecchie, che brillavano nelle sue pupille…senza contare il resto sparso
un po’ ovunque nelle mani e nell’abito stesso. “Immagino che dovrò
accontentarmi, visto che su questo mondo, io sono la maga più potente.” Sollevò una mano, le dita a muoversi in
un gesto impercettibile.
“Cadwell!” abbaiò il licantropo.
Thundersword, memore delle
istruzioni ricevute, stese il braccio e istantaneamente lanciò un fulmine
all’indirizzo della donna.
L’attacco magico di lei stava
in quel momento condensandosi intorno alla sua mano, quando il fulmine del
potere donato dall’Arcano la circondò
come una barriera, immobilizzandola efficacemente. “Cosa..?” fece lei.
Moonfang le si avvicinò “Non
provare neppure a liberarti, scimmietta: perderesti solo tempo. Dovresti sapere
che tipo di potere è, e…”
Infatti, lei, dopo essersi
concentrata, non si liberò affatto: sparì e basta.
“Accidenti.”
La donna riapparve dall’altra
parte della stanza. “Immagino che batterci sarebbe un’inutile perdita di tempo.”
Sospirò. “Davvero, non immaginavo che Re Mangro sarebbe arrivato a vincere la
propria xenofobia pur di arrivare a noi. E prima che me lo chiediate, sì: vi
sto tenendo d’occhio dal momento in cui siete arrivati.”
“In realtà,” spiegò Flatman,
“Non vi stava neppure cercando fino a quando non glielo abbiamo suggerito.”
“Già,” disse Immortal,
agitando l’indice in modo accusatorio. “E non posso neppure dire che ci
dispiaccia più di tanto: per ribellarvi contro di lui, avete finito col
coinvolgere un mondo intero! Quante vittime innocenti avete fatto con questo
trucco?”
“Un triste sacrificio, lo
ammetto. Eppure voi avete visto la
verità, sapete che non c’era altra scelta.” Lo disse con la massima calma.
Considerando che c’era di mezzo il genocidio, bisognava darle atto di un bel
po’ di pelo sullo stomaco!
Immortal
annuì. “In un certo senso, non hai torto, bellezza. Per questo, prima di farti
visita, abbiamo elaborato una soluzione che dovrebbe fare contenti tutti e garantirci
un sequel…”
“Allora, ci siete riusciti?”
Mr. Immortal si fece avanti
fregandosi le mani. “Be’, sì. Abbiamo trovato la causa del maleficio e l’abbiamo
neutralizzata. Da questo momento, potete tornare a mangiare quello che volete.”
“E i maledetti che mi hanno
fatto questo?” il re si indicò con le
mani. “Non vi saranno scappati, vero?!”
“A dire il vero, li abbiamo
lasciati andare,” disse Flatman.
“Vo..vo…voi…” questa volta
dovettero dargli anche degli stimolanti forti.
“Vede, sire,” riprese Immortal,
“Quando ci siamo messi al lavoro, mentre nessuno
guardava,” occhiata astuta al quarto muro, “con l’aiuto di Doorman abbiamo fatto
il giro del castello. Abbiamo visitato gli archivi, e il nostro Harold ha decodificato
certi documenti classificati. Sa, è un genio.
“E abbiamo scoperto una cosa
interessante: del tipo che lei non si comportava proprio bene con i suoi
sudditi. Aveva instaurato un regime dittatoriale assolutista, eliminato tutti i
concorrenti e corrotto i sopravvissuti usando i soldi delle tasse che la gente
aveva pagato praticamente col sangue. E per chiudere in bellezza, proprio prima
della diffusione della maledizione, lei stava per lanciare il mondo intero in
una bella guerra interstellare, la terza. Il che spiega anche il giro di scommesse
contro di voi e la generale antipatia che vi siete guadagnati. E se quel
conflitto fosse iniziato, le possibilità per il vostro mondo di uscirne bene
sarebbero state minime. I suoi nemici hanno pensato di sostituire un male con
uno minore, tutto qui.”
“Ma perché avete dubitato? Che
cosa vi ha fatto capire…”
Immortal indicò Dinah con il
pollice. “Lei ha doti telempatiche. Sa riconoscere un cattivo che è un piacere.”
E lei si produsse in un profondo inchino.
“E allora…perché ci avete
liberato dalla maledizione?”
“Solo per ora,” disse
Moonfang. “Abbiamo affidato la fonte a qualcuno più ‘affidabile’, per così
dire. Se lei o i suoi nemici tenteranno di nuovo di giocare ai grandi saggi
sulla pelle della popolazione, saranno cavoli amari solo per voi. Diciamo che
da ora in poi farete entrambi meglio a comportarvi con molta sportività. E se
aveste bisogno, il nostro numero lo conoscete. Doorman?”
Un esterrefatto Re Mangro poté
solo stare a guardare i suoi ‘ospiti’ svanire nell’uomo-porta. Sapeva solo che
quando si sarebbe ripreso, allora sì che ci sarebbe stato da pagare qualche
conto!